Sostanze chimiche persistenti: definizione e strategie per limitare l’esposizione secondo gli esperti

Le sostanze chimiche eterne, comunemente conosciute come PFAS, rappresentano un tema di crescente preoccupazione a livello globale. Questi composti chimici, la cui sigla deriva dall’inglese perfluorinated alkylated substances, sono stati introdotti nel mercato sin dagli anni ’40 per conferire resistenza all’acqua, alle macchie e al calore a numerosi prodotti quotidiani. Tuttavia, la loro persistenza nell’ambiente e i potenziali rischi per la salute pubblica hanno spinto esperti e ricercatori a esaminare più da vicino la loro presenza nelle nostre vite.

La minaccia dei PFAS e la loro diffusione

I PFAS non si degradano facilmente, il che significa che possono accumularsi nell’ambiente e nel nostro organismo. Attualmente, si stima che esistano circa 15mila sostanze chimiche appartenenti a questa categoria, con cui siamo costantemente in contatto. Queste sostanze chimiche si trovano in una vasta gamma di articoli, tra cui pentole antiaderenti, abbigliamento impermeabile, prodotti per la cura personale e imballaggi alimentari. Recenti studi hanno evidenziato che anche l’acqua in bottiglia può contenere PFAS, aumentando ulteriormente il rischio di esposizione.

Le conseguenze per la salute associate ai PFAS sono state oggetto di numerosi studi. Tra i problemi di salute che possono derivare dall’esposizione a queste sostanze si segnalano danni al fegato e ai reni, disturbi cardiaci, complicazioni in gravidanza, neurotossicità e alcuni tipi di tumore. L’esposizione può avvenire attraverso la via orale, cutanea o respiratoria, rendendo difficile evitare completamente il contatto con queste sostanze chimiche.

Strategie per ridurre l’esposizione ai PFAS

Secondo gli esperti, una delle misure più efficaci per limitare l’esposizione ai PFAS è l’installazione di un filtro certificato per la rimozione dei PFAS dall’acqua potabile. Attualmente, in Italia, non esistono normative specifiche riguardanti la presenza di PFAS nelle acque potabili. Tuttavia, a partire dal 2026, entrerà in vigore la direttiva europea 2020/2184, che stabilisce limiti precisi per la presenza di 24 PFAS nelle acque potabili.

Un altro aspetto importante riguarda l’uso di utensili da cucina. È consigliabile evitare utensili rivestiti con sostanze antiaderenti di vecchia generazione e optare per materiali alternativi come ghisa, vetro o acciaio inossidabile. Anche l’alimentazione gioca un ruolo cruciale: è necessario prestare attenzione al consumo di molluschi filtratori e pesci d’acqua dolce, specialmente se provenienti da laghi o aree urbane, poiché possono contenere elevate concentrazioni di PFAS.

Attenzione ai prodotti per la pelle e all’abbigliamento

Particolare attenzione deve essere rivolta anche ai prodotti cosmetici e per l’igiene personale. È fondamentale leggere le etichette e scegliere articoli privi di ingredienti con prefissi come “fluoro-” o “perfluoro-“. Inoltre, si consiglia di limitare l’acquisto di alimenti confezionati, poiché molti imballaggi alimentari contengono PFAS per prevenire infiltrazioni di grassi o liquidi.

Infine, per quanto riguarda l’abbigliamento, è opportuno fare attenzione ai capi tecnici, impermeabili o sportivi realizzati in nylon, poliestere o spandex, che potrebbero contenere PFAS. È preferibile scegliere indumenti in fibre naturali come cotone, wool o seta, oppure assicurarsi che i prodotti acquistati siano certificati PFAS-free. Queste misure possono contribuire a ridurre l’esposizione e proteggere la salute individuale e collettiva.

Published by
Luisa Bergamotto