Diga non completata: contestato un danno erariale di 259 milioni di euro

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Un importante progetto pubblico in Calabria, destinato a risolvere la crisi idrica della regione, è stato definitivamente abbandonato. La Cassa per il Mezzogiorno aveva stanziato un finanziamento di 259.735.539 euro, successivamente integrato dai ministeri dell’Ambiente e delle Infrastrutture. Tuttavia, tali fondi sono stati completamente revocati, lasciando in eredità 102.602.269 euro già spesi in opere che ora risultano essere inutili. Questo investimento, oltre a rappresentare un grave spreco di risorse pubbliche, ha causato danni ambientali irreversibili a causa dei materiali utilizzati, come il cemento armato, che hanno deturpato aree di elevato valore ecologico. La Procura della Corte dei conti di Catanzaro ha avviato un’azione legale nei confronti del “Consorzio di bonifica ionio-catanzarese”, già noto come Consorzio di Bonifica Alli – Punta di Copanello, e dei dirigenti responsabili, Pietro Filippa e Flavio Alfredo Talarico, per il periodo compreso tra il 2003 e il 2015.

Dettagli dell’indagine

L’azione legale è il risultato di un’indagine condotta dal procuratore regionale Romeo Ermenegildo Palma e dal sostituto procuratore generale Fernando Gallone, con il supporto della Guardia di finanza di Catanzaro. Le indagini si concentrano sul progetto di uno sbarramento artificiale sul fiume Melito e sulla mancata costruzione di una diga prevista tra i comuni di Gimigliano, Sorbo San Basile e Fossato Serralta, in provincia di Catanzaro.

Secondo quanto accertato dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria, fin dall’inizio dei lavori, i tecnici del ministero delle Infrastrutture avevano segnalato gravi carenze nel progetto originale. Era emersa la necessità di apportare modifiche significative per garantire la stabilità dell’invaso, ritenuto potenzialmente pericoloso per le comunità a valle.

Problemi di sicurezza e costi crescenti

Le integrazioni richieste, pur essendo state eseguite dal progettista originale (deceduto nel frattempo), non hanno mai soddisfatto i requisiti di sicurezza necessari. Nel frattempo, i costi del progetto sono aumentati a causa di una serie di contenziosi legali con l’impresa aggiudicataria, raggiungendo la somma di 102 milioni di euro. Questo importo è stato considerato insostenibile, soprattutto in assenza delle autorizzazioni necessarie per la realizzazione dell’opera.

Oltre al danno erariale, le indagini hanno messo in luce ulteriori conseguenze negative legate all’abbandono del progetto. La diga avrebbe dovuto rappresentare uno dei più significativi interventi idrici a livello nazionale, contribuendo a risolvere la cronica scarsità d’acqua che affligge circa mezzo milione di calabresi e numerose aziende agricole, frequentemente colpite da periodi di siccità. Inoltre, l’infrastruttura avrebbe consentito la produzione di energia idroelettrica, in grado di soddisfare le necessità di circa cinquanta comuni situati a valle dell’invaso.

Il futuro della gestione delle risorse idriche in Calabria rimane incerto, mentre le conseguenze di questa vicenda continuano a farsi sentire nella vita quotidiana dei cittadini e nel panorama agricolo regionale.